reviews - "Europa" (Sub Terra, 2013)
Sands-zine (4 nov 2013)
Quando ti rubano la terra sulla quale cammini…
Quando ti rubano l’acqua che ti disseta….
Quando ti rubano il cibo che ti sfama…..
Quando ti rubano anche l’aria che respiri……
…il sole chi ti riscalda…….
…la luna……..
quando i padroni del mondo ti rubano anche i sogni………..
è giunto il momento di Hyaena Reading.
Il gruppo, sdoppiato il proprio baricentro fra Roma e Nantes, si ripresenta ancora più agguerrito con quello che è un autentico necrologio per il corpo di una vecchia Europa che ormai puzza di
cadavere:
«I suoi resti sono in terra, in putrefazione. Il corpo scarnificato.
Mosche ronzano intorno ai resti della vecchia roccaforte.
L’Europa non c’è più, figli senza una madre.
Cronache degli ultimi momenti di vita, prima dell’implosione comandata.
Un atto di testimonianza, uno scatto fotografico sul presente di generazioni a cui una manciata di uomini in cravatta ha tagliato mani e gambe.»
Dopo il diploma Magistrali (è proprio il ‘Magister’ a curare la coproduzione del disco) la loro miscela di blues sudaticcio, post-punk nervoso, elettronica rumorista e rock minimalista – un mix
fra Starfuckers, L’Enfance Rouge e Fugazi – acquista ulteriore spessore, e si apre a una dimensione più cosmopolita anche attraverso l’alternanza di testi cantati in italiano e testi cantati in
francese. O meglio sarebbe dire semirecitati, con una voce che spesso suona impersonale, orwelliana, come appartenente a una pubblicità malfatta (mediaset docet!!!!).
C’è una tensione palpabile, condensata in suoni di chitarra affilati, in metronomiche batterie elettroniche o in segnali sintetici ululanti, tensione che produce autentici inni per una
generazione depredata del futuro da una schiera di famelici barracuda:
«La resa dei conti è vicina. / Barricati con poche / provviste e senz’aria. / Se resisteremo fino all’alba / non dimenticheremo. / Se resisteremo fino all’alba avrete / terminato le
munizioni.»
Il disco, prima di addentrarsi in situazioni più torride con Sacrifices, si apre con le delicate ma pur sempre rumorose atmosfere dello strumentale Mouches per chiudersi, dopo
una sbronza di luna, di vendetta e di guerra, con l'altrettanto delicata (almeno nella prima parte) Steam, vapore, vapeur, dove uno scenario post atomico finisce col rappresentare uno
dei pochi veri momenti di buon auspicio («il vapore mi salverà. / Il vapore ci salverà.»).
La formazione si è leggermente modificata e, accanto ai ‘vecchi’ Francesco Petetta e Emanuele Celegato, si registrano gli ingressi di Gianfilippo Bonafede e Estelle Rouge.
Resta comunque intatta l’attitudine a dar seguito alla teoria con l’azione:
«Hyaena Reading, poco incline al compromesso gestionale quanto a quello artistico e preferendo le incoerenze della rete alle ingiustizie del vecchio, sempre più inutile copyright
tradizionale, è fiero di non avere brani tutelati dalla SIAE.
I lavori di Hyaena Reading sono pubblicati in collaborazione con Sub Terra, una delle realtà più pure e intransigenti del panorama copyleft nazionale.»
“Europa” segue a breve distanza l’EP “Des-illusions” che conteneva tre brani qui riproposti (Vendetta, Europa e Sacrifici, quest’ultima cantata in italiano) e
l’altrimenti inedita Primavera del sangue.
Qualche parola ancora per la copertina, che pare come una sovrapposizione fra un Green River e un Third Eye Foundation. Un altro spunto di memoria arriva dalle foto in b/n presenti nel sito del
gruppo che mi ricordano quelle nel disco d’esordio dei Thin White Rope.
Buon sangue non mente.
Un disco magistrale (e ridaie) carico di una tensione così ardente da pretendere l'attenzione.
“Europa” è uno dei miei dischi dell’anno.
e. g. (no ©)
Rockit (4 ott 2013)
Riuscire a superare le prime impressioni, è questa la sfida che pone all’ascoltatore questo album. Il forte segno dei Massimo Volume, unito a quello degli Ulan Bator, dei CSI e del corollario sonoro affine, come nel precedente lavoro, è ancora presente. Ma la sensibilità del gruppo italo-francese è cresciuta in modo esponenziale e, come se non bastasse, c’è una co-produzione artistica di tutto rispetto, grazie all’intervento di Fabio Magistrali (in precedenza all’opera con Afterhours, Bugo, Marta sui Tubi).
Le sonorità si avviluppano tra le parole, cullandosi tra delicatessen post-rock, asprezze post-punk, e financo richiami al blues più scarno. Le chitarre sanno esser taglienti così come ricamare dolci melodie, talvolta una batteria elettronica, severa nella sua essenzialità, marca il tempo, mentre accenni di synth ed effetti cercano di riempire lo spettro sonoro. Richiami a percorsi simili affrontati da Offlaga Disco Pax, Bachi da pietra e Santo Niente ci sono, ma intrapresi con passo fermo e sicuro. Ospiti non mancano, ma si tratta più che altro di sfumature per un progetto già fortemente strutturato. I testi, parte in italiano e parte in francese, sono fortemente ispirati e denotano un’attenzione particolare alle singole parole. Il concept dell’album è una rappresentazione della situazione socio-politica attuale dell’Europa (da qui il titolo), calata in uno scenario post-atomico. Una dissoluzione partita dall’alto, dalle decisioni delle classi egemoni fino a riversarsi nelle conseguenze sulle vite dei singoli, in una sorta di romanzo di formazione al contrario. Un potere distante, non rappresentativo, in cui il tradimento rispetto alle aspettative è compiuto con cosciente distacco (“Supprimez-vous et nous serons saufs / qu'attendez-vous couillons?”). La mancanza di una base di stabilità porta nel racconto a una socialità diffusa devastata che attraverso lo scontro, mancata la fiducia, si riduce pian piano fino a ridursi ad un noi contro loro, fino ad un ridursi ad un noi due in conflitto ed in ultima sede all’io, sempre più imploso in sé, al sicuro solo nella sua tana (“Steam, Vapore, Vapeur”), vinto forse, ma mai arreso.
Ed alla fine il lavoro, più che un disco, pur con i suoi momenti lirici ed i suoi suoni raffinati, diventa un metro del presente che stiamo vivendo, come un pamphlet fatto di carne viva.
SentireAscoltare (8 nov 2013)
Allunga lo sguardo sull'Europa e su questi cupi tempi di mezzo, il quartetto Hyaena Reading. E per farlo si posiziona al crinale tra art-rock e noise-rock italico, impreziosito da testi dal forte impatto narrativo.
Tesa musica marginale, potremmo dire di questo Europa giocando col titolo di un altro album italiano di qualche tempo fa passato sotto silenzio. Nello specifico, l’ultimo degli Anatrofobia, con cui le affinità, è bene dirlo, finiscono qui, in questa suggestione catturata al volo ascoltando un lavoro pretenzioso e perfettamente centrato com’è quello degli Hyaena Reading. Art-rock teso e vibrante, marginale per la sua richiesta di impegno e attenzione superiore alla media di un gruppo “indie italiano”, in cui disimpegno e semplicità sono termini sconosciuti e che cozzano (cozzerebbero) alla grande col contenuto di queste dodici tracce di poesia dell’impegno civico.
L’Enfance Rouge da una parte e Massimo Volume dall’altra sono le stelle del mattino di Europa: gli uni per le commistioni linguistiche e la fierezza iconoclasta che li ha fatti assurgere a nomadi del rock trasversale; gli altri per l’utilizzo della tensione narrativa all’interno di un corpus compositivo di matrice 90s, gli intarsi di chitarre soprattutto, ma evidentemente al di sopra della media di una contemporaneità vacua e stantia, fatta di slogan preconfezionati e dischi dall’appeal impercettibile. Francesco Petetta (voce, testi), Emanuele Celegato (chitarre), Gianfilippo Bonafede (chitarre) e Estelle Rouge (synth, rumori, nastri) non strombazzano pedigree da ben inseriti né rivendicano nulla più di una (notevole dose di) attenzione per ciò che hanno da dire e per come lo dicono. La nostra, per quel che conta, l’hanno avuta e non ce ne siamo pentiti affatto.
(Stefano Pifferi)
Rockambula (14 set 2013)
Sporchi, disturbanti, taglienti e diretti. Gli Hyaena Reading, gruppo italo-francese che s’ispira al Blues primevo (“Uccidine Uno”, “Atto d’Amore”) e al Post-Punk più martellante (“Vendetta”), ci portano, dopo la prova precedente dell’Ep Des-illusions, in questo loro ultimo disco Europa, gonfio di rumori, di ansia, di attese. A tratti rarefatte al limite del Post-Rock (“In Netta Ripresa”), le tracce si snodano tra riffettoni e chitarre bagnate (“Sacrifices”), synth cupi e Noise evanescente, ritmiche fredde e ossessionanti (“Di Pietra”) e vuoti da decompressione (“Steam, Vapore, Vapeur”), accompagnate da testi in italiano e francese che spesso vengono sussurrati all’orecchio dell’ascoltatore, brevi e immaginifici, o che si sforzano rauchi in grida distanti e affilate.
Sorta di CCCP che incontrano il Blues, o di NiCE sotto Valium in salsa francofona, gli Hyaena Reading creano una loro precisa atmosfera, e questo equilibrio tra elementi apparentemente distanti come il Blues, il Post-Rock, il deserto e le batterie elettroniche (“Preghiera Per il Mio Deserto”) rende Europa un curioso oggetto musicale non identificato. Da provare.
(Lorenzo Cetrangolo)
Beautiful Freaks #45 (dic 2013)
Gli Hyaena Reading, formazione italo-francese, si presentano come un gruppo “poco incline al compromesso gestionale quanto a quello artistico”, e concludono la loro introduzione portando come
vessillo il fatto di non avere brani tutelati dalla SIAE. Scelta giusta o sbagliata che sia, non sta a me giudicare, fa subito capire di che pasta sono fatti i nostri. E se ad un primo ascolto
non resto particolarmente colpito dal cd, mentre faccio passare un po’ di tempo prima della seconda volta [mi lascio sempre il tempo di assorbire un lavoro prima di giudicarlo ndr], mi rendo
conto che non sono riuscito a metabolizzare i concetti espressi. Apro il libretto ed inizio a leggere bene i testi dei brani, alcuni in italiano, altri in francese. E ci trovo dentro una
profondità e una crudezza degna del miglior Lindo Ferretti. Adesso posso risentire il cd. E adesso me lo godo.
E proprio pensando ai CSI e ai CCCP mi focalizzo sulla voce, lasciandomi trasportare dai riff di chitarra come in “In netta ripresa”, ipnotizzare dal synth di “Vendetta”, scivolare nella
nostalgia con la drum machine di “Atto d’amore”.
La linea rossa che unisce tutti i pezzi è il parlato, che si alterna tra bassi e alti come se non ci fosse un ordine preciso, bensì come se Francesco Petetta decidesse la ritmica degli strumenti.
Non ritengo particolarmente importanti le sonorità in un lavoro tipo questo, dove se dovessimo metterci a cercare un genere in cui catalogare Europa sarebbe limitante nei confronti della
complessità e completezza dell’opera. Il progetto tuttavia si ispira alla musica dei Bachi Da Pietra ed è parecchio influenzato sia dai Massimo Volume che dagli Ulan Bator.
Un lavoro difficilmente catalogabile, posto ai margini dei vari generi, fatto di suoni violenti e momenti di riflessione intima, capace di creare atmosfere e di distruggerle immediatamente. Io
un’opportunità gliela darei.
[8/10]
The Breakfast Jumpers (17 ott 2013)
Francesco Petetta, Emanuele Celegato, Gianfilippo Bonafede, Estelle Rouge sono gli Hyaena Reading, un quartetto italo-francese che già avevamo incontrato ai tempi del loro primo Ep, In Movimento. Ora come allora il gruppo collabora con - ed è prodotto da - una realtà a noi molto cara, la net-label Sub Terra e segue ancora il percorso del copyleft. Dodici lapidarie canzoni recitate sia in italiano che in francese. Parole violente, sangue e vendetta. Europa è il titolo. Una meraviglia uscita il primo di settembre e anticipata ad aprile da un bellissimo Ep, Des-illusions, che conteneva due anticipazioni, la versione tradotta di Sacrifici e una cover dei Bachi da Pietra. Tra le tantissime collaborazioni contenute in questo disco troviamo Andrea Ruggiero di Operaja Criminale, Giovanni Romano dei Chewing Magnetic Tape, Marco Mirk degli Aldrin (nonchè dei Cayman The Animal), La Guerra Delle Formiche e ancora molti altri. Ma che altro vi devo dire?
Clap Bands (21 ott 2013)
L’atmosfera permeata trasversalmente da tutti i brani di Europa, quarta opera in studio degli italo-transalpini Hyaena Reading, infonde uno status di ansia angosciante, utile a riflettere e a trovare, una volta per tutte, il coraggio di affrontare un presente idealmente privo e effimero, dominato da Des-illusions (non a caso questo è il titolo scelto per l’EP precedente all’album, uscito sempre quest’anno), che non vuol fare i conti con un passato scomodo.
Stordisco (29 ago 2013)
É un contenuto seminale quello che Europa, official degli Hyaena Reading porta nel suo “sacco vitellino” e che s’incarna come principio esemplare nella ricerca sonora, intima, e sperimentale
eccezionalmente tenuto ai margini del mainstream; dodici tormenti attorcigliati che surrettiziamente idolatrano il post-wave di quello malato a puntino messo a confronto con psichedelie blues
sistematicamente cupe e dialogate, una vena fosca ed ossessiva che nella destrutturazione della forma rock trova il suo viatico, la sua sofferenza, la sua rinascita smagliante.
Il disco ha trovato – tra Italia e Francia – una nozione di geografia sonora ben distinta, patafisica e parlata a lametta, un gergo espressivo nudo e crudo che ricorda molto le non indulgenze
degli Ulan Bator e gli amaricanti solos dei Bachi Da Pietra, una poetica secca ed incorrotta che fa massa e cortocircuito tra pulsioni d’amore, non amore,
spiritualità slegata da fede e abbandoni attraverso identità e false soddisfazioni; tracce scure e scheggiate come risulta di una lotta intestina che non ha più bisogno di smaltire nulla se non
una psiche tormentata tra bellezza e peccato. Potrebbe sembrare un disco “day after”, quelle alchimie profonde e senza via di scampo, ma loro, gli Hyaena Reading (Francesco
Petetta voce/testi, Gianfilippo Bonafede chitarre, Emanuele Celegato chitarre e Estelle Rouge synt/rumori/nastri), setacciano al
contrario quello che ne rimane in superficie, quello che a rasente di un’innegabile perizia strumentale portano a galla da un mondo quasi parallelo, malefico, amabile, monolitico ma fragilmente
infrangibile.
Spasimo e miscele off caratterizzano una tracklist conturbante e lapidaria, la scartavetrata elettrica che lascia ematomi “Sacrifices”, il baratro magmatico di “Portus
Namnetum”, i CSI che si palesano tra i gorghi empatici della titletrack e in “Ogni errore”, le belle slidate chitarristiche lungo un blues urbano emaciato
“Uccidine uno”, la ballata desertica “Preghiera per il mio deserto” e l’assenza di gravità che “Steam, vapore, vapeur” fomenta come uno stato mentale lapidario.
Un disco dal profilo atmosferico ben oltre sopra l’underground standard, un disco che racconta tutto l’off di una vitalità e di un respiro fuori dal tempo, fuori da tutto, dannatamente da tutto.
Voto: ◆◆◆◆◇
(Max Sannella)
A Quattro Mani (16 set 2014)
Terra spoglia, grigia, sabbiosa e morta, le ossa di un animale ormai in decomposizione, grigie anch'esse, al centro; quattro ombre si allungano dal basso verso l'altro protendendosi verso la
carcassa: animali che si nutrono del cadavere. Il nome del gruppo è in alto a sinistra, il titolo dell'album in basso a destra, entrambi poco più che accennati.
Play.
Ho lasciato passare fin troppo tempo da quella serata al
pigneto, ma mi ci è voluto un po' per assimilare questo album, non sono neanche sicura di averlo fatto del tutto ma vabbeh. Le impressioni che avevo avuto a marzo sono ben più che confermate: è
davvero un gran bel lavoro, intenso, ben suonato, coinvolgente, inquietante esattamente là dove vuole esserlo.
Riconosco le scelte sonore di quello che avevo a suo tempo soprannominato "il tesista", si sente davvero che è un ascoltatore dei cuneesi e che da loro ha preso lo stile chitarristico, godo
l'impeccabile ritmica dell'altro, "il timido", la colonna portante che dà corpo a ogni brano, sento il tappeto sensuale elettronico della fanciulla dagli occhi chiusi e il paroliere da qui non
sembra freddo come mi era apparso quella sera, anzi, a tratti mette i brividi.
È un disco omogeneo e ben strutturato, difficile da descrivere senza rischiare di sembrare ridicoli; si leggono in giro definizioni e accostamenti che sembrano buttati là tanto per far vedere che
si conoscono un sacco di cose: quel che pare a me è che ci sia della personalità fortissima dietro la scrittura di musiche e parole presenti in questo album, e che non la si possa davvero
incasellare in accostamenti più o meno azzardati.
Scariche di elettricità dissonanti, ritmi a metà fra il blues e il progressivo (cosa c'è a metà strada? mah...), rumori di plastica stropicciata o coltelli che si scontrano in battaglia, parole
scelte col cesello e limate in modo da essere affilate come rasoi... e musica perdio!, musica buona e ben suonata.
Questi ragazzi si fanno testimoni cruenti del macello sociale che sta colpendo il vecchio continente in attesa della rivalsa ("Se resisteremo fino all'alba non dimenticheremo: sarà sangue e
vendetta") e lo raccontano con le loro chitarre, con le loro grida, con i loro occhi, le loro mani sugli strumenti: i loro trascorsi a fare da collante.
Il tutto è pervaso da un senso di nausea e allucinazione: anche quando si tratta di parlare di un rapporto amoroso lo fanno con una qualche violenza crudele e perversa, perché forse non è di un
rapporto amoroso che si sta parlando, non davvero.
Intimi, crudeli ("Caccerò gli uccelli, quelli rimasti"), dolorosamente consapevoli ("perché noi ci fidiamo, cazzo!"), intensi. Bravi, poco altro da dire.
Non è un ascolto immediato per chiunque, bisogna dirlo, ma lo consiglio caldamente ad ascoltatori abituati alle dissonanze e/o orecchie raffinate. E consiglio di acquistarlo perché merita davvero.
Shiver (7 ago 2013)
Siamo tutti indignati… ma le idee, l’unione, la rivoluzione dov’è? Rabbia e adrenalina sono alla base della musica degli Hyaena Reading, progetto musicale nato per caso in Francia, nell’autunno 2007 dall’idea di Francesco Petetta e Claudio Mancini. Dopo LP d’esordio In movimento, viene pubblicato nell’aprile 2013 Europa, un esplosione di blues e psichedelia, new wave e folk.
Dodici brani sperimentali composti tra l’Italia e la Francia, due luoghi confinanti e divergenti nello stesso mare, il Mediterraneo; ed è proprio qui che traggono spunto e operano, in queste terre in cui vi sono le radici del nostro continente. I testi, brevi ma taglienti, si caratterizzano per il loro tono poetico e sono composti in italiano e in francese, "Europa" è il brano più coinvolgente di tutti. Il progetto si ispira alla musica dei Bachi Da Pietra, ed è parecchio influenzato sia dai Massimo Volume che dagli Ulan Bator. L’estasi, la fede, e la ricerca interiore sono le tematiche principali di queste tracce in cui pervade un unico desiderio, quello di riscatto; ma l’unica vera via di fuga sembra essere quella che si ritrova nella propria dimensione interiore: “Io sto bene nel mio rifugio antiatomico, non mi ammazza nessuno, io ci vivo a meraviglia, il vapore mi salverà”, recita il ritornello della traccia di chiusura "Steam, vapore, vapeur".
I suoni violenti e maledetti delle chitarre degli Hyaena Reading sono quelli che si ritrovano ai margini delle città in continuo conflitto con la società conformista.